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Il buco del Cubo: Recensione de Il Buco
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Il buco del Cubo: Recensione de Il Buco

by Marzo 24, 2020
dettagli
Data di Rilascio

20 marzo 2020

Durata

94 min

Regista

Galder Gaztelu-Urrutia

Valutazione
Redazione
Lettori
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Trama
Regia
Redazione
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Il Buco (El hoyo) è il nuovo film targato Netflix, diretto da Galder Gaztelu-Urrutia, uscito in Italia il 20 marzo 2020.

Il regista, al suo primo lungometraggio, ci presenta un film ben canonizzato all’interno del genere horror fantascientifico; un film alla The Cube, per intenderci.

Come molti film del genere, The Cube compreso, parte da un’idea di base molto interessante, per poi essere banalizzata dall’aggiunta di un messaggio o una morale non richiesta, un tentativo di intellettualizzare l’opera che però non riesce nel suo intento.

Il buco risulta infatti godibile per quasi tutta la durata del film, ma il finale confuso e inutile lo rovina del tutto.

La trama

La trama del film è abbastanza semplice.

In questo luogo indefinito esiste questa struttura simil carceraria, strutturata in verticale, chiamata la fossa.

Questa colossale struttura, è composta da varie stanze poste l’una sopra l’altra con un buco al centro, nel quale scorre con movimento discendente una tavola imbandita con del cibo.

Gli internati di questa specie di carcere sono lì o per aver commesso dei crimini, o ci sono entrati volontariamente e ognuno di loro può portare all’interno della struttura un solo oggetto. L’oggetto del protagonista è il Don Chisciotte.

Il nostro protagonista si sveglia al 48° livello insieme al suo “compagno di cella”, un vecchio cinico e un po’inquietante che gli spiega il funzionamento della fossa.

La tavola parte dal piano 0 e scende, fermandosi ad ogni livello. Chi si trova sul livello può mangiare solo il tempo in cui la tavola è ferma sulla piattaforma e chi abita ai livelli inferiori mangerà gli avanzi di quelli che stanno più in alto.

Dato che questo carcere è enorme, più si scende di livello più la probabilità di trovare cibo è scarsa.

Il sistema di assegnazione delle stanze è randomico e gli internati cambiano stanza ogni mese. I rapporti tra chi è più in alto e chi è più in basso rimangono però invariati: chi abita nei primi livelli sarà sprezzante verso quelli dei livelli inferiori, che a loro volta invidieranno i primi e così via.

Fin qui sembra un bel film. Crudo, violento, claustrofobico, senza troppe pretese comunicative. In fondo l’allegoria è abbastanza semplice.

La fossa rispecchia le dinamiche sociali del capitalismo.

Un’idea già vista forse, ma declinata in un modo nuovo, ed è proprio questo il punto forte del film.

Il tutto scorre bene per circa tre quarti del film; fino a quando il protagonista, in compagnia del suo nuovo Sancio Panza, decide di voler rompere il meccanismo della fossa.

Come? Mandando un messaggio alla direzione.

Luca Nervi decide quindi che il messaggio è che il tavolo ritorni al piano 0 dopo che il cibo è stato equamente diviso tra tutti gli internati, ma non toccando la panna cotta. La panna cotta sarà il mezzo che veicolerà il messaggio.

Iniziano quindi questa catabasi fino agli ultimi livelli, distribuendo il cibo dal 50° in giù. Arrivati alla base della struttura trovano una bambina. E qui il nostro eroe decide che non è la panna cotta ad essere il messaggio, ma è la bambina.

Ed è proprio questo il momento in cui capisci di aver buttato un’ora e mezza della tua vita e che forse lasciare il film a metà, quando ancora era bello, non sarebbe stata una brutta idea.

In conclusione Il Buco è una delusione. Una bella idea, sviluppata anche bene, ma che viene rovinata da un finale pretenzioso e illogico.

Che sia proprio una caratteristica del genere quella di avere un brutto finale?

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Domenico Tocci